Il maestro elementare Pasquale Scalone.

Paduli ha avuto nel XIX e XX secolo la propria maggiore espressione socio culturale grazie a menti illuminate di persone speciali rimaste nella storia della nostra comunità.
Tante altre persone però rimaste anonime, hanno contribuito con la loro passione e devozione alle Istituzioni, a lasciare numerose memorie scritte.
Alcuni documenti di notevole interesse storico culturale del tempo erano custoditi nell’Archivio Storico della Camera dei Deputati e con l’autorizzazione del Sovrintendente, oggi vengono pubblicati per ricostruire la memoria storica.

Attraverso i documenti che man mano inserirò, racconteremo la vita quotidiana dei padulesi di ieri, di come vivevano e di quali aspettative riponevano nel Regno d’Italia e ancor prima nel Regno delle Due Sicilie.

La storia del maestro Pasquale Scalone nato a Paduli il 30 settembre 1827 interessò la Camera dei Deputati nel 1900 ma nel 1901 il Ministro della Istruzione Pubblica, l’On. Ferrara, purtroppo gli rispose che non era possibile restituirgli il denaro che gli era stato trattenuto negli anni precedenti.

Questa è una delle sue lettere che troverete nelle immagini insieme a tutta la trattazione dell’epoca:

“Onorevole Sig. Presidente e Onorevoli Signori Deputati del Regno d’Italia – Roma

Se tutto fa supporre che questa nuova Legislatura voglia iniziare e proseguire un’era di giustizia e di legalità, specialmente perché in armonia con più miti e ragionevoli governanti, io non posso trasandare di far noto alle OO. SS. VV. l’ingiustizia di cui sono stato vittima, sperando avere la fortuna di essere esaudito. Per la qual cosa dico che con decreto 6 dicembre 1894, mi fu assegnata una pensione mensile di L.19,52 quale maestro elementare del Comune di Paduli (Benevento) e l’art. 31 del Testo Unico del Monte delle Pensioni dei maestri elementari statuisce che, Né le pensioni, né gli arretrati di esse, né le indennità possono cedere o essere sequestrate, accettuato il caso di dimenti doveri per legge e non mai altre il terzo dell’ammontare della pensione o dell’indennità. Ebbene fin dal dicembre del 1896 per tutt’altro, non che per alimenti dovuti per legge, mi fu sequestrato il quinto di detta pensione e l’Amministrazione del Monte, sollecitamente ed illegalmente ordina all’Ufficio Postale incaricato di pagarmi di farne la ritenuta del terzo in L.6,51 fino a nuovo suo ordine e così la predetta Amministrazione per leggerezza, se non per aderenze di faccendieri o maneggioni di subdole raccomandazioni, mi fa restare per trentanove mesi con sole L. 13.01 al mese avendo ritenuto del mio L. 6,51 x 39 = 253,89. E come io abbia potuto vivere è stato un mero caso, giacché di dette L.4 al mese per pigione di casa e due o tre lire per un po’ di biancheria che è la cosa più necessaria, acqua, lume e fuoco, non m’è rimasto per vitto se non quattro soldi al giorno!. Col maturo del mese di marzo finalmente mi è stato reintegrato l’assegno di L. 19,52 ma dell’indebitamente ed illegalmente ritenuto in L. 253,89 non se ne parla ancora ed io ne ho estremo bisogno dovendo rifarmi qualche camicia, qualche lenzuolo e qualche altra suppellettile, non che di calzature, di qualche abito e secondo il mio stato e confezione; quindi prego e riprego tutte le SS.VV.OO. a far si che mi si faccia pervenire questo rimborso al più presto, giacché v’è gran pericolo in mora e fin qui par che sia giustizia e semplice e retta esecuzione di legge, che per mia è stata fraintesa e volontariamente disprezzata. Ma inoltre se le SS.VV.OO. si compenetrassero della mia condizione (privo d’ogni benché meschino mezzo di fortuna) della mia età (anni 74) del mio stato e del servizio diligentemente prestato per circa trent’anni non ci penserebbero due volte a farmi concedere un sussidio da formare un assieme di almeno una trentina di soldi al giorno e per certo non sarebbe un lusso. Ma stante le circostanze aventi, e per me avvezzo oramai a stenti e privazioni, a disagi a disgrazie d’ogni specie sarebbe tuttavia un ristoro per la mia già cadente vita e poter morire benedicendo i benefattori che per quanto hanno di più caro in terra e di più sacro in cielo, scongiuro volermi esaudire, e questa poi è carità.
Tanto spero e riprometto.
Paduli (Benevento) 7 luglio 1900

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