La sventurata storia di Francesco Saverio Magno,  usciere del Giudicato Regio del Mandamento di Paduli.

Francesco Saverio chiede nel 1862 al costituito Parlamento del Regno d’Italia un indennizzo di 2000 ducati e la ricostruzione della carriera militare che aveva lasciato volontariamente dopo i moti del 1820 -1821 per aver dato la libertà a due suoi superiori accusati di tradimento.
Paduli, era sede del Mandamento giudiziario (tribunale odierno).

“All’insigne Signor Presidente, Segretario, e deputati del Parlamento Nazionale del Regno d’Italia,

Signori,

Francesco Saverio Magno di Torre Nocelle in Principato Ultra, una volta sergente di Gendarmeria Reale, ed oggi usciere del giudicato Regio del Mandamento di Paduli, in provincia di Benevento, con profonda umiliazione rassegna all’insigne Signor Presidente, i Deputati del Parlamento Nazionale d’Italia quanto appreso:Nel giorno 15 giugno 1821, essendo l’esponente Sergente di Gendarmeria Reale in Catanzaro 2° Calabria ultra, giunsero al suo Capitano D. Nicola Tigari, ordini di arresto contro i due suoi ufficiali D. Francesco Monaco, D. Gennaro Falanca, quali della rivolta Costituzionale in Principato Ultra in luglio 1820. Tale arresto lo eseguì nella persona del primo, che fu consegnato sotto la più stretta responsabilità dell’esponente, il quale spinto dall’amore della Patria, lo lasciò fuggire, e perché poco lungivi tra l’altro ufficiale Falanca, fu dal Monaco avvertito e del pari si liberò. L’esponente per sottrarsi ad un consiglio di guerra si allontanò dalla Compagnia, rifugiandosi sotto gli ordine del Colonnello Poerio, ex comandante la legione di quella provincia, ma perché costui obbligato uscire del Regno. Il supplicante da incognito rimpatriò a Torre le Nocelle ove per quattro anni continui visse da latitante e con Amnistia del 17 febbraio 1825 fu richiamato all’Arma ed i Superiori di quel tempo cominciarono a perseguitarlo per cui si congedò al primo maggio detto anno 1825. I dispiaceri per la perdita del grado, e poi aversi spogliato dei suoi averi lungo la latitanza, lo resero infelice e bisognoso. Volendo da onesto cittadino vivere, domandò un impiego che gli venne dato quello attuale. L’abbandono dette Armi ha cagionato all’esponente sommo interesse, con una famiglia, una moglie, cinque dei quali convivono con il supllicante, ed il primo a nome Ciriaco magno che troverà a servire nel 24° di linea in Alba, il quale faceva parte della leva del 1859 sez. Castelbaronia ed in pochi mesi nel dismesso Esercito Napoletano, al 2° Battaglione Cacciatori 6° Compagnia, investiva il grado di furiere, che quindi richiamato alla Bandite Italiane, non è stato riconosciuto nel grado. La sventurata rimanete famiglia, composta da un maschio di 2° anni, privo d’impiego, tre femmine minori ed un bambino, vivono nell’afflizione per la mancanza di mezzi, per aver l’esponente tutto rovinato per la libertà di detto ufficiale.
Nel 1848 supplicò il Parlamento Nazionale in Napoli, cui depositò il congedo e la copia del processo dell’impugnazione addossatoli dal Capitano Zigari, ricavati dai suoi originali presso l’ispezione della Gendarmeria Reale in Napoli medesimo, ma per la brevità di quel tempo furono forse dispersi.
Di tale fatto l’esponente medesimo si supplicò pure al signor Dittatore delle Due Sicilie in ottobre e novembre 1860.
Insigni Signori, se il supplicante non avesse lasciato libero il Tenete Monaco per la di cui ragione anche Falanca, non avrebbe perduto il grado colle promozioni, che per lo meno sarebbe alla testa di un Comando di Battaglione, non si sarbbe spogliato dei suoi averi e ridotto in uno stato miserabile, onde avere quale affare del suo Ministero. L’egregio Parlamento del Regno d’Italia che sa bilanciare e disguidi degli avvenimenti politici, potrà in grazia particolare e giustizia insieme far ottenere al supplicante una pensione e sovvenzione per soccorrere alle povere fanciulle e maschi insieme.
Col fare attinere al rideto Ciriaco Magno, non solo il grado che occupava, cui ne conserva il congedo originale, ottenuto prima delle cadute di tutte le fortezze napoletane ed Esercito intero.
Col più profondo rispetto, con viva fiducia, spera della magnanimità del Signor Presidente, i Deputati del Parlamento del Regno d’Italia che il supllicante ottenghi il chiesto soccorso, avendo, riguardo al grado, colle promozioni che avrebbe potuto occupare e perdita dei suoi averi in circa duemila ducati.
Supplica infine il Signor Segretario del Parlamento medesimo presentare allo stesso la presente petizione, onde dare le convenevoli provvidenze di giustizia.
Lo avrà per gia singolare e giustizia insieme

Paduli, 22 Aprile 1862”

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