Da alcuni mesi, io e Giovanni Rosato, ogni qual volta ci rechiamo al cimitero alla scoperta di un nuovo nome di un padulese dimenticato, ci imbattiamo nella tomba di Feliciano Botti.
Botti è un nome quasi sconosciuto per la maggior parte della popolazione. Dagli Archivi di Stato è emerso soltanto che Feliciano era stato un militare e che con lo scoppio della “Grande Guerra”, tra il 1915 -1916 era stato Sindaco di Paduli.
Grazie al suggerimento che ci ha gentilmente dato la Professoressa Anna Maria Trombetti, di cercare gli eredi tra gli avvocati del Foro di Napoli, oggi, grazie ad alcuni rarissimi documenti dell’epoca, siamo in grado di ricostruire gran parte di una bella storia piena di successi che ha avuto inizio proprio da Paduli.
Feliciano nacque a Parma il 1842. Si arruolò nei Carabinieri e fu trasferito a Paduli tra il 1862 ed il 1864, dove divenne Comandante dei Carabinieri
Subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia, Paduli era un centro nevralgico e ricco di eventi in quanto era sede di Mandamento. Giunto a Paduli, Feliciano divenne amico di Giuseppe Trombetti, figlio di Agostino e Celeste De Martino, la nobildonna che acquistò il Convento Francescano declassato ad edificio laico e che poi successivamente donò ai Frati Minori. Giuseppe, tra il 1852 ed il 1856 era stato sindaco di Paduli e nel 1864 fu nominato dal Prefetto di Benevento, membro del consiglio di amministrazione del Battaglione Mandamentale della Guardia Nazionale. La Guardia Nazionale Italiana fu un Corpo Militare del Regno d’Italia concepita per contrastare e reprimere il brigantaggio postunitario.
Feliciano sposò una familiare di Giuseppe e dalla loro unione nacquero Ettore nel 1882, Virginia e Alberto. A loro volta i ragazzi, erano cugini del Console Clino Ricci, del Notaio Francesco Trombetti ed dell’Ing. Agostino Trombetti.
Ettore era uno studente di legge fuori sede
e a soli 20 anni si laureò in Giurisprudenza a Napoli. Era il 1902 quando munito di una speciale autorizzazione del Prefetto del Re, visitò numerose carceri italiane per preparare la sua tesi di Laurea su un tema che appare oggi straordinario per la sua modernità: la delinquenza femminile.
Iniziò la professione forense in casa e pochi anni dopo, nel 1917, affittò dalla Società Risanamento un appartamento di 250mq al secondo piano di Corso Umberto 23 a Napoli che ancora oggi è uno dei più importanti studi legali partenopei.
Sposò Anita Perrone Capano e dalla loro unione nacquero Vittorio, Celeste e Massimo che hanno seguito le orme del padre.
In una rara lettera scritta a Napoli nel 1921 dall’Ing. Agostino Trombetti alla moglie Berenice Marcarelli, Agostino narra le vicissitudini legali del soldato Francesco Maio di Paduli e di come Clino ed Ettore cercassero di aiutarlo nel processo a suo carico.
Ettore è stato un grande avvocato e nel suo studio napoletano sono custodite tante storie. Tra due guerre, la monarchia, la Repubblica e tutti gli eventi che si sono succeduti nel corso del secolo scorso, la tradizione di famiglia è stata portata avanti sia dai figli di Ettore, Vittorio e Massimo sia dai nipoti Bruno Botti e Claudio, figli di Vittorio, custodi dell’antica tradizione di famiglia.
Ad Ettore, che è considerato uno dei grandi uomini dell’avvocatura, è stato intitolato un busto che si trova nel Salone Castel Capuano e a suo figlio Vittorio è stata intitolata un´aula di Corte d´Assise al Centro direzionale.
Quest’anno è il centenario della morte di Feliciano Botti e con questo post vogliamo ricordato degnamente.
Le immagini che seguono raffigurano gli avvocati Ettore e Vittorio Botti, la lettera dell’Ing. Agostino Trombetti inviata alla moglie Berenice Marcarelli nel 1921, il decreto di nomina di Giuseppe Trombetti nel consiglio della Guardia Nazionale del 1864, una foto di famiglia scattata nei primi anni 50 del 1900 a Paduli nel palazzo Trombetti dove è presente Virginia Botti con lo scialle seduta accanto a Elvira Ricci ed infine la tomba di Feliciano Botti che riposa nel cimitero di Paduli.
Mi sono commosso nel leggere del mio bisnonno Feliciano. Verrò a Paduli con i miei figli per portare un fiore sulla sua tomba. Senza la sua “insolita” migrazione da nord a sud, la storia della mia famiglia non sarebbe stata la stessa. Grazie di cuore.
Bruno Botti
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